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Il babà napoletano, simbolo dell’arte dolciaria campana, ha origini francesi. Creato dal re polacco Stanislao Leszczyński, il dolce si è trasformato nel tempo, approdando infine a Napoli grazie a Maria Antonietta. Una storia che intreccia Francia, Polonia e Napoli, celebrando la tradizione gastronomica
Il babà è un dolce iconico della tradizione napoletana, noto per la sua sofficità e il suo inconfondibile sapore di rum. La sua storia, affascinante e complessa, attraversa confini geografici e culturali, rivelando un legame sorprendente tra Francia e Napoli. Le origini del babà si trovano a Luneville, in Lorena, dove il re polacco Stanislao Leszczyński, in esilio, decise di innovare un dolce tradizionale alsaziano, il kugelhopf. Questo dolce, considerato troppo asciutto, venne arricchito con uno sciroppo al rum, dando vita a una prefigurazione del babà che conosciamo oggi.
Le origini francesi del babà
Il kugelhopf, una torta di grande impatto visivo e di lunghe tempistiche di lievitazione, acquisì nuove caratteristiche grazie al tocco culinario di Leszczyński. Il sovrano, costretto all’esilio dopo essere stato detronizzato, non solo bagnò il dolce con il rum, ma apportò modifiche significative alla ricetta. Ecco alcune delle innovazioni introdotte:
- Processo di lievitazione complesso.
- Ingredienti ricercati come uva passa e zafferano, una spezia scoperta durante la sua prigionia a Istanbul.
- Miglioramenti nella consistenza e nella conservabilità del dolce.
Nel contesto della corte francese, il dolce venne ribattezzato “Ali Babà”, in onore del celebre personaggio de “Le Mille e Una Notte”. Fu durante questo periodo che il babà iniziò a guadagnare popolarità, specialmente a Versailles, dove la figlia di Leszczyński, Maria, moglie di Luigi XV, portò con sé il pasticcere di suo padre, Nicolas Stohrer. La corte francese abbracciò il dolce, ma con una variante: il rum giamaicano sostituì il madeira, utilizzato in precedenza. Tuttavia, Leszczyński non approvò questa modifica, come dimostrano le sue lettere a Voltaire, in cui lamentava la perdita di leggerezza del dolce a causa dell’eccessiva inzuppatura.
L’arrivo del babà a Napoli
Il viaggio del babà verso Napoli rappresenta un capitolo cruciale nella sua evoluzione. Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI e sorella di Maria Carolina d’Austria, che sposò il re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, fu un importante veicolo di diffusione della cultura culinaria francese in Italia. La regina contribuì a far conoscere a Napoli non solo il babà, ma anche altre specialità come la besciamella e il gratin.
La prima documentazione scritta del dolce napoletano risale al 1863, presente nel manuale di cucina di Vincenzo Agnoletti. Tuttavia, il vero successo del babà tra le classi borghesi avvenne solo alla fine del XIX secolo, quando divenne un vero e proprio street food, consumato passeggiando per le strade di Napoli.
Un dolce che racconta storie
Oggi, il babà è un simbolo della cultura gastronomica napoletana, amato non solo dai napoletani, ma anche dai turisti che visitano la città. La sua versatilità, che permette varianti con crema pasticcera o frutta, lo rende un dolce adatto a ogni occasione. Nonostante le sue origini francesi, il babà è diventato parte integrante dell’identità partenopea, tanto che molti napoletani lo considerano un dolce esclusivamente locale.
La storia del babà è un esempio di come la cucina possa fungere da ponte tra culture diverse, mescolando tradizioni e ingredienti per creare qualcosa di unico. Ogni morso di questo dolce racchiude secoli di storia, innovazione e passione. La sua continua evoluzione è testimone di un’arte culinaria che, pur mantenendo le sue radici, è capace di adattarsi e rinnovarsi nel corso del tempo.